Acqua
11 Ottobre 2017
Secondo quanto dichiarato dal presidente Zaia, i limiti stabiliti saranno i più bassi del mondo: non è proprio così, infatti in alcuni Stati americani le concentrazioni sono molto più basse. È così nel Vermont, dove i limiti non superano i 20 ng/L e in New Jersey, dove il valore raccomandato è di 14 ng/L.
Dopo la presa di posizione di Zaia l’attenzione sulla questione è arrivata ad una platea nazionale. Anche la trasmissione “Agorà” di Rai3 ne ha parlato il 21 settembre (per vedere la puntata clicca qui).
Domenica 1 ottobre presso il teatro comunale di Lonigo è stato ospite l’avvocato Robert Bilott, che ha combattuto e vinto, contro l’azienda chimica Dupont, responsabile dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche nel fiume Ohio. Negli Stati Uniti il problema ha coinvolto 70 mila abitanti.
Secondo gli studi effettuati, queste sostanze avrebbero provocato diverse malattie tra cui problemi alla tiroide, alti livelli di colesterolo nel sangue, cancro ai testicoli e reni.
Qui in Italia le persone esposte sono molte di più e per questo, come sottolinea l’avvocato Bilott, bisogna fare qualcosa di più concreto, come cambiare periodicamente i filtri per ottenere un’acqua più pulita, e massimizzare gli sforzi per garantire alla popolazione livelli nel sangue pari a zero.
Lo stesso Luigi Lazzaro, Presidente di Legambiente Veneto dichiara che «l’applicazione di limiti, anche se i più bassi al mondo, non risolverà purtroppo il problema sanitario e dell’inquinamento ambientale. È urgente mettere in sicurezza la rete acquedottistica con nuove prese non inquinate ed attuare subito un programma di bonifica dell’area contaminata che metta in sicurezza la falda acquifera e le acque superficiali».
Sulla stessa linea Piergiorgio Boscagin, Presidente del circolo Legambiente “Perla Blu” di Cologna Veneta, che fin dal 2013 lotta per portare il caso all’attenzione delle istituzioni. Egli, fresco dalla manifestazione che si è svolta l’8 ottobre a Lonigo, ricorda che secondo la Regione ci vorranno 4 anni per riuscire realmente ad abbassare i valori di PFAS nell’ambiente e spiega perché proprio a settembre sembra esserci stata una svolta: «grazie alla pubblicazione dei risultati dello screening sanitario condotto sugli abitanti di alcuni comuni interessati, c’è stata una maggiore presa di consapevolezza del problema, a cui ha fatto seguito una mobilitazione di gruppi e comitati locali. Tuttavia questo non basta: occorre mobilitarsi affinché venga effettuato uno screening di tutta la popolazione coinvolta e vengano analizzate le fonti di approvvigionamento delle acque di irrigazione e i reflui industriali».
Per leggere tutta l’intervista a Piergiorgio Boscagin clicca qui.